DROGHE RILEVATE SULLA SALIVA O SULL' URINA
ECSTASY
L’ecstasy
è una sostanza psicoattiva sintetica che agisce sia come stimolante che come
allucinogeno, fa sentire pieno di energia chi la usa e produce effetti di
distorsione nella percezione oltre ad aumentare la sensibilità del tatto. È
conosciuta anche come MDMA, un acronimo del suo nome chimico (methylenedioxymethamphetamine,
"MDMA") viene assunto per via orale, solitamente in pastiglie, ed i suoi
effetti durano da 3 a 6 ore. Chi fa uso di ecstasy può prendere una seconda dose
appena gli effetti della prima cominciano ad attenuarsi. L’MDMA o ecstasy
danneggia il cervello ed è tossica a livello dei neuroni. L’ecstasy può
interferire con la capacità del corpo di regolare la propria temperatura ed in
questo modo può portare a gravi conseguenze mediche ed in alcuni casi alla
morte. Inoltre l’ecstasy può causare un aumento della frequenza cardiaca e della
pressione sanguigna.
Benché l’MDMA sia universalmente conosciuto col nome di ecstasy, degli studi hanno dimostrato che le pastiglie di ecstasy spesso contengono numerose altre sostanze oltre all’MDMA, che sono dannose. Fra queste sostanze troviamo: metamfetamina, caffeina, dextromethorphan, efedrina e cocaina. Inoltre, come molte altre droghe, l’ecstasy solitamente non viene preso da solo; spesso viene assunto insieme ad altre sostanze, ad esempio alcol e marijuana.
Breve storia dell’MDMA
L’MDMA,
o ecstasy, è stato sviluppato in Germania nei primi anni del 1900 con
l’obiettivo di sintetizzare altri farmaci. Durante gli anni ’70 negli Stati
Uniti alcuni psichiatri hanno cominciato ad usare l’MDMA come uno strumento
psicoterapeutico nonostante tale droga non abbia mai subito test clinici
approvati dall’ U.S. Food and Drug Administration (FDA) per l’utilizzo sugli
esseri umani. Solo nel 2000 l’FDA ha approvato i primi utilizzi
sperimentali dell’MDMA sull’uomo. Lo spaccio nelle strade dell’MDMA si è diffuso
tra la fine degli anni ’70 ed i primi anni ’80.
Quali sono gli effetti dell’ecstasy?
L’ecstasy è diventata una droga popolare a causa degli effetti piacevoli che una persona prova dopo circa un ora dall’assunzione, anche prendendone un’unica dose. Questi effetti includono stimoli mentali, sensazioni empatiche, un generale senso di benessere e una riduzione dell’ansietà. A causa dei suoi effetti stimolanti, quando viene usata in una discoteca, l’ecstasy consente alla gente di ballare per lunghi periodi di tempo. Una parte dei consumatori comunque sperimenta effetti indesiderati immediati, come ansia ed agitazione.
Ma l’ecstasy non è una droga innocua. Produce numerosi effetti collaterali sulla salute, fra cui nausea, brividi, calore, involontario serramento dei denti, crampi muscolari e vista sfocata. E’ possibile anche l’overdose da ecstasy, I cui sintomi sono un aumento della pressione sanguigna, debolezza, attacchi di panico e nei casi più gravi, perdita di conoscenza.
A causa delle sue proprietà stimolanti e dell’ambiente in cui è solitamente assunto, l’uso di ecstasy è associato ad un’intensa attività fisica per lungi periodi. Questo può portare ad uno degli effetti negativi più gravi (sebbene rari) ossia ad un elevato aumento della temperatura corporea (ipertermia). La cura dell’ipertermia richiede immediati interventi medici dato che può causare danni muscolari e danneggiare i reni. Inoltre, in individui sensibili, possono verificarsi casi di disidratazione, ipertensione e danni cardiaci, riducendo la capacita del cuore di far circolare il sangue.
L’ecstasy è rapidamente assorbita nel flusso sanguigno ed interferisce con la capacita del corpo di metabolizzare la droga. Perciò dosi aggiuntive di ecstasy possono produrre livelli sanguigni insolitamente alti, peggiorando gli effetti tossici e cardiovascolari della droga.
L’uso dell’ecstasy causa una significativa riduzione nelle capacità mentali dell’individuo, nelle ore successive all’assunzione della droga. Questi effetti, in particolare gli effetti sulla memoria, possono durare anche più di una settimana in chi fa uso regolare di ecstasy. Il fatto che l’uso di ecstasy riduca le capacità di elaborare informazioni, può causare notevoli pericoli durante lo svolgimento di determinate attività più o meno complesse, come ad esempio durante la guida di un automezzo.
Nel corso della settimana successiva ad un uso moderato di ecstasy, il consumatore prova diverse emozioni fra cui ansia, irritabilità e tristezza. Questo, in alcuni individui può portare a gravi forme di depressione. Sintomi riscontrati in consumatori abituali di ecstasy sono livelli di ansia molto elevata, impulsività, aggressività, disturbi del sonno, perdita di appetito, perdita di interesse nel sesso e perdita delle sensazioni di piacere ad esso collegate. Alcuni di questi disturbi potrebbero non derivare dall’ecstasy ed essere attribuibili alle altre droghe spesso usate insieme all’ecstasy, come cocaina o marijuana, o ad altre sostanze adulteranti contenute nelle pastiglie di ecstasy.
Quali sono gli effetti dell’ecstasy sul cervello?
L’ecstasy influisce sul cervello incrementando l’attività di almeno tre neurotrasmettitori (molecole che trasportano le informazioni da un neurone all’altro all’interno del cervello) fra cui serotonina e dopamina. La serotonina è un neurotrasmettitore che svolge un ruolo importante nella regolazione dell’umore, del sonno, del dolore, dell’appetito, delle emozioni e di altri comportamenti. Questo eccessivo rilascio di serotonina dà luogo alle sensazioni piacevoli derivanti dall’uso di ecstasy. Il rilascio di elevate quantità di serotonina rende il cervello deficitario di questo importante neurotrasmettitore e contribuisce a generare quei comportamenti pericolosi e quegli effetti negativi che caratterizzano chi fa uso per diversi giorni di ecstasy.
Numerosi studi su animali hanno dimostrato che l’uso di ecstasy può danneggiare i neuroni che sono implicati nel trasporto della serotonina, anche per lungo termine. Delle ricerche hanno dimostrato che alcuni consumatori abituali di ecstasy hanno sperimentato, per lunghi periodi, confusione, depressione, perdita di memoria e riduzione nella capacità di elaborazione. Studi hanno rivelato dei cambiamenti nell’attività cerebrale delle regioni che riguardano la cognizione, le emozioni e le funzioni motorie, ma ulteriori studi sono necessari per confermare i risultati e conoscere l’esatta natura degli effetti dell’ecstasy sul cervello umano. Bisogna anche considerare che molti consumatori di ecstasy possono inconsapevolmente far uso di altre droghe vendute come ecstasy, o possono intenzionalmente utilizzare alte droghe, come la marijuana, che contribuiscono ad ampliare gli effetti dell’ecstasy. Inoltre, solitamente questi studi non dispongono di informazioni comportamentali riguardanti i soggetti prima dell’uso di droga e pertanto non possono valutare con estrema precisione gli effetti che la droga ha prodotto sul soggetto.
Fattori come il modo di utilizzo, le dosi, la frequenza e l’intensità dell’uso, l’età in cui è iniziato l’uso di ecstasy, l’uso di altre droghe, oltre che i fattori genetici e ambientali, possono avere un ruolo nei deficit cognitivi che si riscontrano in chi fa uso di ecstasy e dovrebbero essere tenuti in considerazione negli studi sugli effetti della droga negli esseri umani.
Dato che la maggior parte dei consumatori di ecstasy sono giovani, può succedere che qualche donna faccia uso di ecstasy pur essendo incinta, consapevolmente o meno, confidando nella falsa convinzione che si tratta di una droga sicura. I possibili effetti negativi dell’ecstasy sul feto sono da tenere in grande considerazione. Studi su animali hanno individuato effetti negativi significativi sulle capacità di apprendimento e sulla memoria sebbene ulteriori ricerche siano necessarie, anche per valutare i danni nello sviluppo del sistema nervoso.
L’ecstasy provoca dipendenza?
L’ecstasy può
portare alla dipendenza. Un esame di adolescenti e giovani consumatori di
ecstasy ha rilevato che il 43% di coloro che fanno uso di tale droga presenta le
caratteristiche mediche riconosciute in fatto di dipendenza, fra cui l’uso
continuato della droga nonostante i riconosciuti effetti dannosi che essa
provoca, gli effetti della crisi d’astinenza e la tolleranza, ed il 34% presenta
le caratteristiche mediche che identificano l’abuso di droghe. Almeno il 60%
della gente che fa uso di ecstasy avverte i sintomi della crisi d’astinenza,
compresi fatica, perdita d’appetito, depressione e problemi di concentrazione.
HASCISC e
MARIJUANA
La marijuana – spesso chiamata erba, maria, fumo, canna, spinello, brace, paglia
– è una mistura grigio-verde di foglie, gambi, semi e fiori secchi triturati di
“Cannabis sativa” (la pianta della canapa). La maggior parte dei
consumatori di marijuana fuma questa droga attraverso sigarette preparate
manualmente chiamate spinelli (o “joint”) ed in numerosi altri modi; alcuni
utilizzano pipe o pipe d’acqua, chiamate “bong”. Si sta diffondendo anche l’uso
di sigari di marijuana, chiamati “blunt”. Per realizzare i blunt, gli
utilizzatori tagliano i sigari e sostituiscono il tabacco con la marijuana,
spesso combinata con un’altra droga, come
crack
o
cocaina. La marijuana può anche essere
usata nel tè e talvolta miscelata col cibo. Il principale principio attivo
contenuto nella marijuana è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), che origina
gli effetti di alterazione mentale caratteristici dell’intossicazione da
marijuana. La quantità di THC (che è anche il principio psicoattivo
dell’hashish) determina la potenza e, pertanto, gli effetti della marijuana. Fra
il 1980 ed il 1997, la quantità di THC presente nella marijuana è aumentata in
maniera preoccupante negli Stati Uniti.
Quali sono gli effetti della marijuana sul cervello?
Gli scienziati hanno appreso molto sul modo in cui il THC agisce sul cervello per produrre i suoi numerosi effetti. Quando qualcuno fuma marijuana, il THC si trasferisce rapidamente dai polmoni nel sangue, e la sostanza è trasportata agli organi attraversando il corpo, compreso il cervello. Nel cervello, il THC si connette a specifiche aree delle cellule nervose chiamate recettori di cannabinoidi ed influenza l’attività di queste cellule. Alcune aree del cervello hanno numerosi recettori di cannabinoidi; altre ne hanno pochi o non ne hanno affatto. Molti di questi recettori si trovano nelle aree del cervello che influenzano il piacere, la memoria, il pensiero, la concentrazione, la percezione del tempo e la coordinazione dei movimenti.
Quali sono gli effetti principali derivanti dall’uso di marijuana?
Gli effetti della marijuana iniziano subito dopo che la droga ha raggiunto il cervello e durano da 1 a 3 ore. Se la marijuana è consumata insieme a bevande o a cibi, gli effetti a breve termine iniziano più lentamente, solitamente da mezz’ora ad un’ora dopo l’assunzione, e durano più a lungo, anche 4 ore. Fumare marijuana causa il deposito nel sangue di quantità di THC molto superiori rispetto a quelle che derivano dall’assunzione della droga attraverso cibi e bevande. Pochi minuti dopo aver inalato il fumo di marijuana, il cuore di una persona comincia a battere più rapidamente, i passaggi bronchiali si rilassano e diventano più ampi, i vasi sanguigni degli occhi si espandono provocando i caratteristici occhi rossi. La frequenza cardiaca, solitamente di 70 - 80 battiti al minuto, può crescere da 20 a 50 battiti o più per minuto e, in alcuni casi, anche del doppio. Questo effetto è maggiore se altre droghe sono assunte insieme alla marijuana.
Quando il THC raggiunge il cervello fa sentire la persona euforica, agendo sul sistema di ricompensa cerebrale (l’area del cervello che risponde a stimoli come il cibo e le bevande), come la maggior parte delle droghe da abuso. Il THC attiva il sistema di ricompensa cerebrale come quasi tutte le droghe da abuso, stimolando le cellule cerebrali allo scopo di rilasciare dopamina.
Chi fa uso di marijuana può sperimentare piacevoli sensazioni, i colori ed i suoni possono sembrare più intensi ed il tempo sembra scorrere molto lentamente. La bocca diventa asciutta e l’utilizzatore può sentirsi rapidamente avvertire rapidamente gli stimoli della fame e della sete. Le mani potrebbero iniziare a tremare e diventare fredde. L’euforia passa dopo un po’ e la persona potrebbe sentirsi stanca o depressa. In alcuni casi l’uso di marijuana può produrre ansia, paura, diffidenza o panico.
L’uso di marijuana altera la capacità della persona di memorizzare e ricordare gli eventi e di spostare l’attenzione da una cosa ad un’altra. Il THC inoltre interrompe la coordinazione e l’equilibrio legandosi ai ricevitori nel cervelletto e alle parti del cervello che regolano l’equilibrio, la postura, la coordinazione dei movimenti ed il tempo di reazione. Attraverso i suoi effetti sul cervello e sul corpo, l’intossicazione da marijuana può causare incidenti. Alcuni studi dimostrano che approssimativamente dal 6 al 10 per cento delle vittime di incidenti mortali risultavano positive al THC. In molti di questi casi è stata rilevata anche la presenza di alcol.
Uno studio condotto dal “National Highway Traffic Safety Administration”, ha evidenziato che una singola dose, anche moderata, di marijuana altera le prestazioni alla guida di un automezzo. Inoltre, se una dose di marijuana, anche piccola, è assunta insieme a sostanze alcoliche, gli effetti prodotti sono notevolmente più elevati rispetto agli effetti che derivano dall’assunzione di una soltanto di tali droghe. Gli indicatori di guida utilizzati per questi test includono il tempo di reazione, la frequenza visiva di ricerca (l’autista che controlla le vie laterali), e la capacita di percepire e/o rispondere ai cambiamenti nella velocità relativa degli altri veicoli.
Gli utilizzatori di marijuana che hanno assunto dosi elevate di droga possono manifestare psicosi tossiche acute, come allucinazioni, illusioni e spersonalizzazione – una perdita del senso di identità personale, o auto-riconoscimento. Benché le cause specifiche di questi sintomi siano ancora ignote, sembra che questi sintomi si verifichino più spesso quando una dose elevata di cannabis è consumata in cibo o bevande piuttosto che fumata.
Quali
sono gli effetti della marijuana sulla salute fisica?
Si è
constatato che chi fa uso di marijuana incontra maggiori difficoltà nel
tentativo di smettere di fumare tabacco. Questo è stato recentemente evidenziato
da uno studio fra fumatori adulti che metteva a confronto chi fumava tabacco e
marijuana e chi fumava solo tabacco. La relazione fra l’uso di marijuana ed il
continuare a fumare era particolarmente forte in chi fumava marijuana
quotidianamente al momento dell’intervista iniziale, 13 anni prima
dell’intervista successiva.
Uno studio su 450 persone ha evidenziato che chi fuma spesso marijuana ma non fuma tabacco ha maggiori problemi di salute e perde più giorni di lavoro dei non fumatori. In questo studio, molti dei giorni di malattia extra usati da chi fumava marijuana derivavano da malattie respiratorie.
Perfino l’uso non frequente di marijuana può provocare bruciore e rossore di bocca e gola, spesso accompagnata da tosse pesante. Chi fuma marijuana regolarmente può presentare molti dei problemi respiratori che affliggono i fumatori di tabacco, come tosse e produzione di catarro quotidianamente, una frequenza maggiore di malattie respiratorie in forma acuta, un rischio maggiore di infezioni polmonari ed una tendenza maggiore a soffrire di ostruzione delle vie aeree.
L’insorgere del cancro ai polmoni ed alle vie respiratorie può essere favorito dal fumare marijuana. Uno studio che confrontava 173 pazienti ammalati di cancro e 176 individui sani ha mostrato che fumare marijuana accresce la probabilità di sviluppare cancro alla testa o al collo e che quanta più marijuana viene fumata tanto più aumenta il rischio. Un’analisi statistica dei dati ha indicato che fumare marijuana raddoppia o triplica il rischio di cancro.
La marijuana ha la capacità di favorire lo sviluppo del cancro ai polmoni e ad altre parti del sistema respiratorio perché contiene agenti irritanti e cancerogeni. Infatti il fumo di marijuana contiene dal 50 al 70 per cento in più di idrocarburi cancerogeni rispetto al fumo di tabacco. Il fumo di marijuana produce inoltre alti livelli di un enzima che converte determinati idrocarburi nella loro forma cancerogena, livelli che possono accelerare i cambiamenti che in definitiva producono le cellule maligne. Chi fa uso di marijuana, di solito inala più a fondo e trattiene il respiro più a lungo di chi fuma tabacco, il che incrementa l’esposizione dei polmoni a fumo cancerogeno. Questo vuol dire che, a parità di sigarette, fumare marijuana incrementa il rischio di cancro più che fumare tabacco.
Alcuni degli effetti negativi causati dalla marijuana possono derivare dal fatto che il THC altera la capacità del sistema immunitario di combattere le malattie infettive ed il cancro. Esperimenti di laboratorio effettuati sottoponendo cellule animali ed umane al THC o ad altri componenti della marijuana hanno dimostrato che le normali reazioni di prevenzione delle malattie, di molte delle principali cellule immunitarie, sono inibite. In altri esperimenti, topi esposti al THC, o a sostanze correlate, sviluppavano infezioni batteriche e tumori più facilmente rispetto a topi non esposti a tali sostanze.
Una ricerca ha indicato che il rischio di attacco cardiaco per una persona, che ha fumato marijuana, nella prima ora successiva all’assunzione, è quattro volte superiore rispetto al normale. I ricercatori suggeriscono che un attacco cardiaco potrebbe verificarsi, in parte, perché la marijuana fa crescere la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca e riduce la capacità di trasportare ossigeno del sangue.
Quali sono le conseguenze dell’utilizzo di marijuana sulla scuola, sul lavoro e nella vita sociale?
Gli studenti che fumano marijuana ottengono voti inferiori ad hanno minori probabilità di diplomarsi rispetto ai loro compagni non-fumatori. I lavoratori che fumano marijuana hanno più spesso problemi sul lavoro rispetto ai loro colleghi. Diversi studi hanno associato ai lavoratori che fumano marijuana un maggior numero di assenze, lentezza, incidenti, lamentele e cambio di lavoro. Uno studio fra i lavoratori comunali ha rilevato che gli impiegati che fumavano marijuana sul lavoro o al di fuori dell’orario di lavoro manifestavano dei comportamenti di rifiuto – come lasciare il lavoro senza permesso, sognare ad occhi aperti, svolgere questioni personali durante l’orario di lavoroo sottrarsi ai propri compiti, con conseguenze negative sulla produttività e sul morale.
All’uso di marijuana sono associati depressione, ansietà e disturbi della personalità. Le ricerche dimostrano chiaramente che l’uso di marijuana ha la capacità di creare problemi nella vita quotidiana o peggiorare l’esistenza di una persona. Siccome la marijuana compromette la capacità di apprendere e di ricordare le informazioni, quanto più una persona usa marijuana tanto più sarà incapace di svolgere attività sociali, lavorative ed intellettuali. In uno studio sulla cognizione, gli adulti sono stati analizzati sulla base delle loro prestazioni. Chi faceva un notevole uso di marijuana ha ottenuto risultati notevolmente più bassi con riferimento alle abilità matematiche ed alla capacità di espressione verbale, rispetto a chi non fumava marijuana.
Inoltre, altre ricerche hanno dimostrato che gli effetti negativi della marijuana sulla memoria e l’apprendimento possono durare per giorni o settimane dopo che sono svaniti gli effetti più acuti della droga. Ad esempio, uno studio su 129 studenti universitari ha rilevato che chi faceva un forte uso di marijuana (chi aveva fumato marijuana in almeno 27 dei 30 giorni prima di tale studio), presentava notevoli problemi riguardo alle operazioni che richiedevano attenzione, memoria e apprendimento, anche se non aveva usato la droga nelle ultime 24 ore. Gli utilizzatori abituali di marijuana, in questo studio, avevano maggiori problemi a conservare e spostare la propria attenzione, nonché a registrare, organizzare e usare informazioni rispetto a chi aveva utilizzato marijuana non più di 3 volte negli ultimi 30 giorni. Di conseguenza, chi fuma marijuana una volta al giorno può operare ad un livello intellettuale ridotto per tutto il tempo. Recentemente, gli stessi studiosi hanno osservato che la capacità di ricordare le parole di un elenco da parte di un gruppo di fumatori abituali di marijuana è ancora compromessa una settimana dopo la cessazione dell’uso di marijuana, e ritorna normale dopo 4 settimane. Di conseguenza, perfino dopo un uso intenso di marijuana per un lungo periodo di tempo, se un individuo smette di usare tale droga, può recuperare alcune capacità cognitive.
Altri studi hanno prodotto ulteriori prove sul fatto che gli effetti della marijuana sul cervello, a lungo andare, possono causare un deterioramento drastico delle capacità fondamentali della persona. Gli studiosi hanno assegnato ad alcuni studenti dei test per misurare la loro capacità di risolvere problemi e le loro caratteristiche emotive. I risultati hanno dimostrato come gli studenti, che già bevevano alcol e fumavano marijuana, erano svantaggiati rispetto ai loro compagni; questa cosa si accentuava però significativamente con il passare del tempo. Le analisi associano l’uso di marijuana, indipendentemente dall’uso di alcol, ad una ridotta capacità di “auto-rafforzamento”, un gruppo di abilità psicologiche che consentono all’individuo di conservare la propria fiducia e di perseverare nel perseguimento degli obiettivi.
L’uso di marijuana durante la gravidanza può nuocere al bambino?
Alcune ricerche hanno dimostrato che i bambini nati da donne che hanno fatto uso di marijuana durante la gravidanza manifestano risposte alterate agli stimoli visivi, un accresciuto tremito ed un pianto più acuto, che potrebbero indicare problemi nello sviluppo neurologico. Si è osservato che i bambini esposti alla marijuana, durante l’infanzia e gli anni pre-scolastici presentano maggiori problemi comportamentali e problemi nello svolgere compiti che richiedono percezione visiva, comprensione linguistica, attenzione continua e memoria, rispetto ai bambini non esposti alla marijuana. A scuola, è più probabile che questi bambini presentino dei deficit nelle abilità decisionali, nella memoria e nella capacità di prestare attenzione.
L’uso di marijuana per lunghi periodi può portare alcune persone alla dipendenza; così, queste persone usano la droga compulsivamente anche se ciò interferisce con la famiglia, la scuola, il lavoro e le attività ricreative. Il “National Household Survey on Drug Abuse” del 2001, stimava che 5,6 milioni di americani dai 12 anni in su avevano riportato problemi con le droghe illegali nell’ultimo anno. Di questi, 3,6 milioni presentavano i sintomi medici della dipendenza da droga. Più di 2 milioni presentavano le caratteristiche della dipendenza da marijuana/hashish. Nel 1999, più di 220.000 persone che hanno partecipato a dei programmi di disintossicazione, hanno affermato che la marijuana era la droga che usavano maggiormente.
Insieme al desiderio, i sintomi della crisi d’astinenza possono rendere difficile smettere di usare la droga per chi ne fa uso da molto tempo. Chi prova a smettere sperimenta irritabilità, difficoltà di dormire e ansietà, nonché un’accresciuta aggressività nei test psicologici, che raggiunge il suo culmine circa una settimana dopo l’ultima assunzione della droga.
METANFETAMINE
La
metanfetamina è un potente stimolante che da assuefazione e causa gravi
danni al sistema nervoso centrale. Questa droga viene realizzata facilmente in
laboratori clandestini con ingredienti relativamente economici e facili da
reperire, anche senza ricetta medica. Questi fattori collaborano a rendere la
metanfetamina una droga con un elevato potenziale di diffusione.
La metanfetamina è comunemente conosciuta come “speed”, “ice”, “crystal” o “cranck”.
Si tratta di una polvere cristallina bianca, senza odore e dal sapore amaro che
può essere facilmente disciolta nell’acqua o nell’alcol. Questa droga è stata
sviluppata agli inizi del secolo a partire dalla sua droga “madre”,
l’anfetamina, ed è stata usata originariamente in decongestionanti nasali ed
inalatori bronchiali. La struttura chimica della metanfetamina è simile a quella
dell’anfetamina, ma ha effetti più pronunciati sul sistema nervoso centrale.
Analogamente all’anfetamina, la metanfetamina origina un incremento
dell’attività, una riduzione dell’appetito ed un generale senso di benessere.
Gli effetti della metanfetamina possono durare dalle 6 alle 8 ore. Dopo lo
“slancio” iniziale, solitamente si verifica uno stato di agitazione molto
elevato che, in alcuni individui, può portare a comportamenti violenti.
In America, la metanfetamina è considerate uno stimolante con alto potenziale
d’abuso ed è pertanto disponibile solo dietro prescrizione medica. Sono poche le
prescrizioni mediche per cui può essere usata. Fra queste vi è il trattamento
della narcolessia, dei casi di deficit o disordine nelle capacità di prestare
attenzione e nel trattamento dell’obesità (ma per periodi molto brevi). L’uso
per finalitàmediche è molto limitato.
Le metanfetamine si presentano in diverse
forme e possono essere fumate, sniffate, ingerite o iniettate. La droga altera
l’umore in diversi modi, a seconda del modo in cui viene assunta.
Subito
dopo aver fumato la droga o averla iniettata per via endovenosa, la persona
prova un intenso “flash” che dura solo pochi minuti ed è descritto come molto
piacevole. Se la droga viene sniffata oppure è assunta tramite l’ingestione,
produce euforia- una sensazione molto forte ma non con lo stesso livello del
“flash” che si ha assumendo la droga per via endovenosa. Se viene sniffata la
droga produce i suoi effetti in 15-20 minuti.
Negli anni ’80, l’ice, una
forma fumabile di metanfetamina, ha iniziato a diffondersi. L’Ice è un cristallo
solitamente limpido che viene fumato in pipe di vetro come il crack. Il fumo è
senza odore, lascia un residuo che è a sua volta fumabile e produce effetti che
possono durare per 12 ore o più.
Quali
sono gli effetti immediati (a breve termine) dell’abuso di matenfetamine?
Essendo uno stimolante molto potente, la metanfetamina, anche in piccole dosi,
può accrescere l’incapacità di dormire e l’attività fisica e ridurre l’appetito.
Una sensazione breve è molto intensa è provata da chi fuma o si inietta la
metanfetamina. Se viene sniffata o ingerita, anziché una sensazione breve e
violenta, provoca un effetto destinato a durare più a lungo, con una intensità
minore ma sempre elevata. Questa sensazione può durare anche mezza giornata. Si
ritiene che entrambe queste sensazioni derivino dal rilascio di notevoli
quantità di dopamina (un neurotrasmettitore) nelle aree del cervello che
regolano le sensazioni di piacere.
La metanfetamina ha effetti tossici. Si è visto come, negli animali, una elevata
singola dose di questa droga danneggi le terminazioni nervose delle regioni del
cervello contenenti dopamina. Si ritiene che le elevate quantità di dopamina
rilasciate dalla metanfetamina contribuiscano agli effetti tossici sulle
terminazioni nervose cerebrali. Dosi elevate possono far crescere la temperatura
corporea a livelli pericolosi e talvolta letali e possono causare convulsioni.
L’abuso a
lungo termine di metanfetamina origina molti effetti dannosi, fra cui la
dipendenza. La dipendenza è una malattia cronica soggetta a ricadute,
caratterizzata dalla ricerca e dall’uso ossessivi della droga e si accompagna a
cambiamenti molecolari e funzionali del cervello. Oltre alla dipendenza da
metanfetamina, chi abusa stabilmente di metanfetamine manifesta sintomi come
comportamenti violenti, ansia, confusione e insonnia. Chi utilizza metanfetamina
può inoltre presentare caratteristiche psicotiche come paranoia, allucinazioni
auditive, disturbi della personalità ed sensazioni non reali (ad esempio, la
sensazione di insetti che ti strisciano sulla pelle, come un formicolio). La
paranoia può portare a pensare al suicidio o all’omicidio.
Con l’uso cronico si può sviluppare la tolleranza dalla metanfetamina. Cercando
di rendere più potenti gli effetti desiderati, chi usa metanfetamine può essere
portato ad assumere dosi sempre maggiori di droga, ad assumerla sempre più
spesso o a cambiare le modalità di somministrazione. In alcuni casi, i
consumatori di questa droga rinunciano al cibo ed al sonno continuando ad
assumere la droga ogni 2-3 ore per numerosi giorni finché non ne rimangono
sprovvisti. L’abuso cronico può portare a comportamenti psicotici,
caratterizzati da paranoia intensa, allucinazioni visive e uditive ed
incontrollabili attacchi di rabbia che possono sfociare in comportamenti
estremamente violenti. Benché non ci siano manifestazioni fisiche della sindrome
d’astinenza quando si smette di usare la metanfetamina, ci sono diversi sintomi
che si manifestano quando una persona che fa un uso abituale di questa droga
smette di utilizzarla. Fra questi possiamo indicare depressione, ansia,
stanchezza, paranoia, aggressività ed un intenso desiderio della droga. Studi
scientifici hanno esaminato gli effetti sul cervello di un lungo periodo di
somministrazione di metanfetamina sugli animali. Questi studi hanno evidenziato
che il 50% delle cellule cerebraliproduttrici di dopamina possono essere
danneggiate da una lunga esposizione a livelli relativamente bassi di
metanfetamina. Hanno anche evidenziato che le cellule del sistema nervoso
contenenti serotonina possono essere danneggiate in modo anche più grave. E’
ancora da stabilire se questa tossicità è collegata alla psicosi osservata in
alcuni consumatori abituali di metanfetamina.
In
cosa la metanfetamina differisce da altri stimolanti, come la cocaina?
La metanfetamina è classificata come psicostimolante, al pari di altre droghe
d’abuso, come anfetamine e
cocaina.
La metanfetamina è strutturalmente simile alla anfetamina ed al
neurotrasmettitore dopamina, ma è assai differente dalla cocaina. Sebbene questi
stimolanti abbiano degli effetti comportamentali e fisiologici simili, ci sono
importanti differenze nei meccanismi con cui agiscono a livello delle cellule
nervose. La metanfetamina, come la cocaina, causa un accumulo del
neurotrasmettitore dopamina e questa eccessiva concentrazione di dopamina sembra
originare la stimolazione e far percepire la sensazione di euforia tipica
dell’utilizzo di queste droghe. Al contrario della cocaina, che può essere
eliminata rapidamente e quasi completamente metabolizzata dal corpo, l’azione
della metanfetamina dura molto di più ed una percentuale maggiore della droga
rimane nel corpo senza essere metabolizzata. La metanfetamina resta così più a
lungo nel cervello, prolungando gli effetti stimolanti prodotti.
Quali
sono le complicazioni mediche derivanti dall’abuso di metanfetamina?
La
metanfetamina può originare diversi problemi cardiovascolari. Fra questi vi sono
accelerazione del battito cardiaco, battito irregolare, aumento della pressione
sanguigna e danni irreversibili ai piccoli vasi sanguigni del cervello con
rischio di colpi apoplettici. In caso di overdose possono verificarsi ipertermia
(elevate temperature corporee) e convulsioni, che se non vengono affrontate
immediatamente possono portare alla morte.
L’uso cronico di metanfetamina può portare ad una infiammazione delle pareti del
cuore e, per chi si inietta la droga, al danneggiamento dei vasi sanguigni e ad
ascessi sulla pelle. Chi usa metanfetamina può inoltre essere soggetto a
comportamenti violenti, paranoia, ansia, confusione ed insonnia. Chi fa un uso
molto pesante di questa droga manifesta un progressivo deterioramento dal punto
di vista occupazionale e sociale. I sintomi psicotici possono persistere per
mesi o anni dopo che l’uso della droga è cessato.
Un altro potenziale rischio per chi abusa di metanfetamina è
l’avvelenamento acuto da piombo. Un metodo diffuso per la produzione
illegale di metanfetamina prevede l’utilizzo dell’acetato di piombo come
reagente. Pertanto, errori di produzione possono dare luogo a metanfetamina
contaminata dal piombo. Esistono casi documentati di avvelenamento da piombo in
soggetti che hanno assunto la metanfetamina per endovena.
L’esposizione del feto alla metanfetamina è un altro problema importante. Alcuni
studi indicano che l’abuso di metanfetamina durante la gravidanza può causare
complicazioni prenatali, aumentare le probabilità di parti prematuri, alterare i
modelli di comportamento neonatali, ad esempio manifestando riflessi insoliti ed
estrema irritabilità. L’abuso di metanfetamina durante la gravidanza può essere
collegato anche a deformità congenite.
Chi
abusa di metanfetamina è a rischio di contrarre l’AIDS e l’epatite B e C?
Un
incremento nella trasmissione del virus dell’AIDS e dell’epatite B e C sono
probabili conseguenze di un incremento nell’uso di metanfetamina, soprattutto in
individui che si iniettano la droga e si scambiano gli oggetti usati per
iniettarsi la droga. L’infezione del virus HIV e altre malattie infettive si
sono diffuse fra chi usa la droga tramite iniezione principalmente a causa del
riutilizzo da parte di più persone di siringhe, aghi o altri oggetti
contaminati. L’uso di droga può in questo modo divenire una delle principali
cause di diffusione dell’AIDS.
Ricerche hanno indicato che la metanfetamina e analoghi stimolanti psicomotori possono incrementare la libido nei consumatori al contrario degli oppiacei che riducono la libido. Comunque, l’uso di metanfetamina per lunghi periodi può essere associato con una riduzione delle capacità sessuali, almeno negli uomini. Inoltre, la metanfetamina sembra essere associata a comportamenti sessuali più violenti, che possono portare ad abrasioni e perdite di sangue. La combinazione di iniezioni e rischi sessuali potrebbe far divenire il problema dell’AIDS uno dei problemi principali per i consumatori di metanfetamina più che per i consumatori di oppiacei e di altre droghe.
Alcune ricerche finanziate dal NIDA hanno evidenziato come, attraverso il trattamento dell’abuso di droga, la prevenzione e le comunità terapeutiche, chi abusa di metanfetamina può modificare i propri comportamenti a rischio. L’uso di droga può essere eliminato ed i rischi associati a comportamenti sbagliati, come lo scambio di siringhe e comportamenti sessuali insicuri, possono essere ridotti significativamente minimizzando il rischio di esposizione. Perciò il trattamento dell’abuso di droga è anche molto efficace nel prevenire la diffusione dell’AIDS, dell’epatite B e dell’epatite C.
EROINA
L’eroina è una droga illegale che dà forte assuefazione. E’ l’oppiaceo più diffuso e quello che agisce più rapidamente. L’eroina è ricavata dalla morfina, una sostanza naturale estratta dal guscio dei semi di alcune varietà di piante di papavero. E’ generalmente venduta sottoforma di polvere bianca o marrone, oppure sottoforma di barrette dal colore scuro. Sebbene l’eroina pura stia diventando più diffusa, l’eroina, droga di strada è per lo più “tagliata” con altre droghe o con sostanze come zucchero, amido, latte in polvere o chinino. L’eroina venduta nelle strade può anche essere tagliata con stricnina o altri veleni. Chi fa uso di eroina, non conoscendo la reale potenza della droga o il suo reale contenuto, può correre il rischio di overdose e morte. L’eroina causa anche dei problemi per quello che riguarda la trasmissione dell’AIDS ed altre malattie che possono derivare dallo scambio di siringhe ed altri utensili usati per iniettarsi l’eroina.
Come viene usata l’eroina?
L’eroina viene solitamente iniettata, inalata o fumata. Solitamente, chi abusa di eroina può arrivare ad iniettarsi la droga più volte al giorno. Le iniezioni endovenose producono un effetto più intenso e lo stato di euforia subentra molto rapidamente (dai 7 agli 8 secondi), mentre le iniezioni intramuscolari producono un sopraggiungere più lento dello stato di euforia (dai 5 agli 8 minuti). Quando l’eroina viene sniffata o fumata, l’apice del suo effetto viene raggiunto solitamente dopo 10 - 15 minuti. Benché fumare o sniffare l’eroina non produca effetti così velocemente come l’iniezione endovenosa, i ricercatori del NIDA hanno confermato che tutte e tre le forme di somministrazione dell’eroina provocano assuefazione.
Assumere eroina per via endovenosa continua ad essere il metodo più diffuso di utilizzo dell’eroina, sebbene degli studi recenti abbiano dimostrato che c’è stato uno aumento della percentuale di consumatori che la inalano o la fumano.
Con questo cambiamento nel modo di utilizzare l’eroina si diffonde un diverso gruppo di consumatori. I vecchi consumatori (persone con più di 30 anni) continuano ad essere uno dei gruppi che maggiormente utilizzano eroina. Ad ogni modo anche i giovani consumatori sono attirati dal basso prezzo e dalla purezza dell’ eroina che può essere inalata o fumata anziché iniettata.
Quali sono gli effetti immediati (a breve termine) derivanti dall’uso di eroina?
Poco dopo l’iniezione (o l’inalazione), l’eroina attraversa le barriere cerebrali. Nel cervello, l’eroina è convertita in morfina e lega rapidamente con i recettori di oppiacei. Chi usa eroina solitamente afferma di provare una sensazione di piacere, come un flash. L’intensità di questo flash dipende dalla quantità di droga assunta e dalla rapidità con cui la droga raggiunge il cervello e lega con i recettori di oppiacei. L’eroina provoca notevole assuefazione perché raggiunge il cervello molto rapidamente. Con l’eroina, il “flash” è solitamente accompagnato da vampate di calore sulla pelle, labbra secche, pesantezza delle articolazioni, che possono essere accompagnati da nausea, vomito e forte prurito.
Dopo gli effetti iniziali, chi fa uso di eroina solitamente accusa sonnolenza per diverse ore. Le funzioni mentali sono annebbiate dagli effetti dell’eroina sul sistema nervoso centrale. Le funzioni cardiache e respiratorie rallentano notevolmente a volte causando anchela morte. L’overdose di eroina è particolarmente diffusa nelle strade, in quanto la quantità e la purezza della droga non può essere facilmente individuata.
Quali sono gli effetti di lungo termine derivanti dall’uso di eroina?
Uno degli effetti più nocivi dell’eroina, a lungo termine, è la dipendenza.
La dipendenza è un disagio cronico, caratterizzato da un incontrollabile ricerca ed uso della droga, e da cambiamenti neurochimici e molecolari nel cervello. L’eroina produce anche grosso aumento della tolleranza e della dipendenza fisica, che porta all’usocompulsivodi droga. Come chi abusa di altre droghe che provocano dipendenza, chi abusa di eroina solitamente impiega sempre più tempo ed energie per ottenere ed utilizzare la droga. Una volta diventato dipendente, il primo scopo nella vita dell’eroinomane diviene cercare ed usare la droga. La droga modifica letteralmente il suo cervello.
La dipendenza fisica viene sviluppata con dosi elevate di droga. Con la dipendenza fisica, il corpo si abitua alla presenza di droga e, se l’uso di eroina si interrompe bruscamente, si presentano sintomi di astinenza. La crisi d’astinenza può sopraggiungere dopo poche ore dall’assunzione dell’ultima dose. I sintomi della crisi d’astinenza comprendono agitazione, dolori ai muscoli ed alle ossa, insonnia, diarrea, vomito, brividi di freddo, pelle d’oca, e tremolio alle gambe. I sintomi principali della crisi d’astinenza da eroina raggiungono l’apice dalle 24 alle 48 ore dopo l’assunzione dell’ultima dose e si riducono dopo circa una settimana. In alcuni casi i sintomi di astinenza possono persistere per molti mesi.La crisi d’astinenza causata dall’eroina non è mai fatale per gli adulti in buona salute, ma può causare la morte del feto nella donna incinta.
Ad un certo punto durante l’uso continuato di eroina, una persona diventa dipendente dalla droga. A volte i tossicodipendenti resistono a numerosi dei sintomi della crisi d’astinenza per alcuni giorni per ridurre la tolleranza della droga e potere nuovamente provare l’effetto delle prime volte.
Una volta si credeva che la dipendenza fisica e l’insorgere dei sintomi della crisi d’astinenza fossero il motivo che spingeva una persona a continuare ad usare droghe. Adesso sappiamo che non è esattamente così, dato che desiderio e ricadute possono manifestarsi settimane e mesi dopo che i sintomi della crisi d’astinenza sono spariti. Sappiamo anche che pazienti con dolori cronici che necessitano di oppiacei (a volte per lunghi periodi) non hanno nessun problema, o ne hanno molto pochi, nell’abbandonare gli oppiacei dopo che il loro male è guarito. Questo perché il paziente che ha dei dolori sta semplicemente cercando sollievo dal dolore e non il piacere cercato dal tossicodipendente.
Quali sono le complicazioni mediche per chi fa uso di eroina?
Le conseguenze mediche dell’ abuso cronico di eroina comprendono vene segnate da cicatrice, infezioni dei vasi sanguigni e delle valvole cardiache, ascessi ed altre infezioni dei tessuti molli,malattie renali o del fegato. Complicazioni polmonari (compresi diversi tipi di polmonite e tubercolosi) possono derivare dal cattivo stato di salute del tossicodipendente come anche dagli effetti depressivi che l’eroina ha sulla respirazione. Molti degli additivi dell’eroina di strada comprendono sostanze che non si dissolvono rapidamente e producono un intasamento dei vasi sanguigni con conseguenti danni ai polmoni, al fegato, ai reni ed al cervello. Questo può causare infezioni o anche la morte di alcune cellule di organi vitali.
Sicuramente, lo scambio degli oggetti usati per iniettarsi l’eroina può portare a severe conseguenze come epatiti B e C, AIDS ed altri virus. Questi virus possono essere trasmessi da chi fa uso di eroina ai loro partner sessuali ed ai loro bambini.
Quali sono gli effetti dell’eroina durante la gravidanza?
L’uso di eroina può causare gravi complicazioni durante la gravidanza, compresi aborto e parto prematuro. Tra i figli di madri tossicodipendenti esiste un elevato tasso di mortalità infantile. Ad ogni modo durante la gravidanza i medici sconsigliano l’interruzione dell’uso di oppiacei perché accresce il rischio di aborti spontanei o parti prematuri; perciò la terapia con metadone è particolarmente indicata. Anche se vi è il rischio che il metadone causi dipendenza fisica nel bambino, questa può essere curata facilmente.
Perché chi usa eroina è particolarmente a rischio di contrarre AIDS ed epatite B e C?
I tossicodipendenti che fanno uso di eroina rischiano di contrarre AIDS, epatite B, C ed altre malattie infettive. Questo avviene attraverso lo scambio ed il riutilizzo di siringhe ed altri utensili utilizzati da persone infette. Inoltre, possono prendere il virus dell’AIDS e, meno spesso, il virus dell’epatite C attraverso rapporti sessuali con persone infette. Si stima che negli Stati Uniti un terzo dei casi di AIDS e più della metà dei casi di epatite C derivino dall’uso di siringhe usate per iniettare droga.
Ricerche finanziate dal NIDA hanno dimostrato che la prevenzione e la cura dell’abuso di droga sono molto efficaci nel prevenire la diffusione dell’AIDS, in quanto eliminano l’uso di droghe ed i correlati comportamenti a rischio (come scambio di siringhe e comportamenti sessuali a rischio).
COCAINA
La cocaina è uno stimolante molto potente che agisce direttamente sul cervello. La cocaina è stata etichettata come la droga degli anni Ottanta e Novanta per la sua popolarità in quel periodo. Ad ogni modo la cocaina non è una droga “nuova” ma una delle droghe conosciute da più tempo. La cocaina pura è una sostanza usata da oltre 100 anni e le foglie di cocaina, da cui si ottiene la cocaina, vengono ingerite da migliaia di anni.
La cocaina è stata estratta per la prima volta durante la metà
del 19° secolo dalle foglie di alcuni arbusti del genere delle Eritoxilacee, che
crescevano soprattutto in Perù e Bolivia. Nei primi del Novecento la cocaina è
stata impiegata come ingrediente principale di numerosi “tonici” utilizzati
nella cura di diverse malattie. Oggi è considerata una tra le più potenti droghe
d’abuso, ma può essere talvolta utilizzata per usi medici, ad esempio come
anestetico locale.
Ci sono essenzialmente due forme chimiche in cui si presenta la cocaina: il
cloridrato e la base libera. Il cloridrato si presenta come una polvere, può
essere sciolto in acqua, iniettato in vena o inalato. La base libera si presenta
invece sotto forma di scaglie o tavolette di varia forma e dimensione e di
colore dal bianco sporco al marrone. La base libera normalmente viene fumata. La
cocaina solitamente venduta nelle strada si presenta come una polvere sottile,
bianca e cristallina. Gli spacciatori spesso “tagliano” (mischiano) la cocaina
con sostanze come l’amido di granturco, lo zucchero a velo, il bicarbonato, il
talco o anche con altre droghe e stimolanti come procaina (anestetico locale) o
anfetamine.
Cos’è
il crack?
Crack
è il nome in gergo che viene dato ai cristalli di cocaina (base libera) quando
viene trasformata dalla sua forma in polvere in una sostanza che può essere
fumata. Il nome “crack” deriva dal particolare rumore che questa sostanza
produce quando viene fumata. Dato che viene fumato, il crack produce una forte
euforia in meno di dieci secondi. Questo effetto euforico immediato ha originato
la enorme popolarità di questa sostanza nella meta degli anni ’80. Un’altra
ragione della sua popolarità è da ricercare nei bassi costi di produzione e di
acquisto.
Come viene utilizzata la cocaina?
La cocaina può essere assunta per via orale, attraverso il naso, per endovena e
per inalazione. Con l’inalazione, la sostanza attiva passa attraverso le mucose
nasali nel sangue. L’iniezione immette la droga direttamente nel sangue e
produce effetti istantanei e più intensi. Il fumo può essere assunto tramite
inalazione o attraverso speciali pipe e passa dai polmoni nel sangue quasi con
la stessa velocità dell’iniezione. Alcuni tossicodipendenti combinano la cocaina
con l’eroina ottenendo lo “speedball”. Il consumo di cocaina può variare da
occasionale a ripetuto e compulsivo, con una varietà di sfumature entro questi
due estremi. Non esiste una modalità sicura o priva di rischi di utilizzarla.
Tutti gli usi della cocaina possono portare all’assunzione di quantità tossiche
di sostanza, provocando seri problemi cardiovascolari o cerebrali che possono
causare anche una morte improvvisa. L’uso ripetuto di cocaina, in qualunque
forma essa sia assunta, può dare origine a dipendenza ed altri danni alla
salute.
Quali
sono gli effetti della cocaina?
Molte ricerche sono state effettuate per studiare il modo in cui la cocaina
produce i suoi “piacevoli” effetti e la ragione per cui provoca dipendenza. Un
meccanismo è dovuto agli effetti prodotti sulle strutture profonde del cervello.
Gli scienziati hanno scoperto alcune aree del cervello che, se stimolate,
producono una sensazione di piacere. Uno dei sistemi neurali che sembra
maggiormente stimolato dall’utilizzo della cocaina si trova in una regione
situata molto in profondità nel cervello, chiamata Area ventrale del tegmento (AVT).
Le cellule nervose che partono dall’area ventrale del cervello si estendono alla
regione del cervello conosciuta come “Nucleus accumbens”, uno dei centri del
piacere chiave del cervello. Ad esempio, attraverso studi effettuati su animali
si è appreso che tutti i tipi di stimoli che producono piacere, come il cibo,
l’acqua, il sesso e molte droghe da abuso originano un incremento di attività
del “nucleus accumbens”.
I ricercatori hanno scoperto che lo svolgimento di un’azione che provoca piacere
è accompagnato da un grande aumento della dopamina rilasciata nel “nucleus
accumbens” dai neuroni originati nella AVT. Nel normale processo di
comunicazione, la dopamina è rilasciata da un neurone nella sinapsi (la
connessione fra due neuroni), dove lega con particolari proteine (chiamate
“ricettori di dopamina”) del neurone vicino e quindi invia un segnale a tale
neurone. Le droghe riescono ad interferire proprio con questo processo di
comunicazione. Gli scienziati hanno scoperto, ad esempio, che la cocaina
impedisce l’eliminazione della dopamina dalla sinapsi, ed in questo modo provoca
un accumulo di dopamina. Questo origina una continua stimolazione dei neuroni e
produce l’euforia notoriamente riconosciuta fra gli effetti della cocaina.
L’uso continuo di cocaina crea tolleranza. Perciò saranno necessarie dosi sempre
maggiori ed un uso più frequente della cocaina perché il cervello registri lo
stesso livello di piacere sperimentato durante i primi tempi di utilizzo.
Recenti ricerche hanno evidenziato che, durante il periodo di astinenza dall’uso
di cocaina, il ricordo dell’euforia associata all’uso di tale droga, o anche il
semplice contatto con situazioni e indicazioni che hanno delle relazioni con la
cocaina, può causare il desiderio incontrollabile di assumere nuovamente la
droga, anche dopo lunghi periodi di astinenza.
Quali sono gli effetti a breve termine derivanti dall’uso di cocaina?
Gli effetti della cocaina si manifestano quasi subito dopo una singola dose e possono scomparire dopo pochi minuti oppure dopo ore. Presa in piccole quantità (fino a 100 milligrammi), la cocaina fa solitamente sentire chi la usa euforico, energico, disposto alla conversazione e mentalmente attento alle sensazioni visive, uditive e tattili. La cocaina può anche diminuire temporaneamente il bisogno di mangiare e dormire. Alcuni consumatori osservano che la droga gli consente di effettuare alcuni semplici sforzi fisici ed intellettuali più rapidamente, mentre altri hanno sperimentato gli effetti opposti.
La durata degli immediati effetti euforici della cocaina deriva dal modo in cui è stata utilizzata. Quanto più veloce è l’assorbimento della droga, tanto più intenso sarà il suo effetto e più breve la sua durata. Gli effetti dell’inalazione sono abbastanza lenti e possono durare dai 15 ai 30 minuti, mentre quelle derivanti dal fumo possono durare dai 5 ai 10 minuti.
Gli effetti fisiologici a breve termine prodotti dalla cocaina comprendono: contrazione dei vasi sanguigni, dilatazione delle pupille, aumento della temperatura corporea, del ritmo cardiaco e della pressione sanguigna. Grandi quantità (diverse centinaia di milligrammi o più) intensificano gli effetti sul consumatore ma possono portare a comportamenti strani, insensati e violenti. Questi consumatori possono provare tremori, vertigini, spasmi muscolari, paranoia e, dopo ripetute assunzioni, una reazione tossica molto simile a quella prodotta dall’avvelenamento da anfetamina. Alcuni consumatori di cocaina riferiscono sensazioni di agitazione, irritabilità ed ansietà. In rari casi l’uso di cocaina per la prima volta può causare una morte improvvisa. I decessi per cocaina sono spesso originati da un arresto cardiaco o da convulsioni seguite da blocco respiratorio.
Quali sono gli effetti a lungo termine derivanti dall’uso di
cocaina?
La cocaina è una droga che origina una forte dipendenza. Una volta provata, un individuo incontrerà molte difficoltà nel controllarne o limitarne l’uso. Si ritiene che gli effetti stimolanti e di assuefazione provocati dalla cocaina siano principalmente il risultato della sua capacità di impedire l’assorbimento della dopamina da parte delle cellule nervose. La dopamina è rilasciata dal cervello come sistema di gratificazione, ed è alla base, direttamente o indirettamente, delle proprietà di assuefazione di tutte le maggiori droghe da abuso.
Una elevate tolleranza alla cocaina può essere sviluppata da chi la assume, infatti molti tossicodipendenti affermano di non riuscire più ad ottenere lo stesso livello di piacere delle prime volte. Alcuni consumatori aumentano di frequente le loro dosi per intensificare e prolungare gli effetti euforici. Insieme alla tolleranza, alcuni soggetti possono diventare maggiormente sensibili agli effetti convulsivi ed anestetici della cocaina, senza aumentare le dosi consumate. Questa accresciuta sensibilità può causare decessi dopo apparentemente poche dosi di cocaina.
L’uso continuativo della cocaina ed a dosi sempre più elevate, conduce a stati di crescente irritabilità, agitazione e paranoia e può portare a situazioni di paranoia psicotica in cui l’individuo perde il contatto con la realtà e sperimenta situazioni di allucinazioni uditive.
Quali
sono le complicazioni mediche derivanti dall’uso di cocaina?
Esistono numerose complicazioni mediche derivanti dall’uso di cocaina. Alcune
delle più frequenti sono: effetti cardiovascolari, comprendenti irregolarità
nella frequenza del cuore e malattie cardiache; problemi respiratori come dolori
al petto ed insufficienza respiratoria; effetti neurologici, come ictus,
convulsioni ed emicranie; complicazioni gastrointestinali, come dolori
addominali e nausea.
L’uso di cocaina è collegato a numerosi tipi di malattie cardiache. Si
è appurato che l’uso di cocaina causa fibrillazione ventricolare, accelera i
battiti del cuore e la respirazione, aumenta la pressione sanguigna e la
temperatura corporea. I sintomi fisici possono includere dolore al petto,
nausea, visioni confuse, febbre, spasmi muscolari, convulsioni e coma.
Differenti modalità di assunzione della cocaina causano differenti effetti
negativi. La regolare inalazione di cocaina, ad esempio, può provocare una
perdita di sensibilità dell’olfatto, causare emorragie nasali, problemi di
deglutizione, raucedine ed una irritazione del setto nasale che può condurre ad
una condizione cronica di infiammazione del naso.
L’ingestione di cocaina può provocare cancrena all’intestino, dovuta ad un ridotto afflusso di sangue. Le persone che si iniettano la cocaina hanno segni evidenti di iniezioni, solitamente negli avambracci. Chi si inietta la cocaina tramite endovena può sviluppare reazioni allergiche, sia alla cocaina che ad alcune sostanze da taglio presenti in essa, che possono, nei casi più gravi, portare al decesso.
Siccome la cocaina tende a far ridurre l’assunzione di cibo, molti consumatori abituali di cocaina perdono l’appetito e possono sperimentare significative perdite di peso e malnutrizioni.
Delle
ricerche hanno rivelato un’interazione potenzialmente pericolosa tra cocaina e
alcol. Quando sono assunte contemporaneamente, le due droghe vengono trasformate
in cocaetilene. L’azione del cocaetilene sul cervello ha una durata superiore ed
è più tossica delle due droghe prese autonomamente. Anche se devono essere
effettuate ulteriori ricerche, è assodato che la commistione di cocaina ed alcol
è la più comune combinazione di due droghe, e porta a numerosi decessi.
Esistono rischi di contrarre l’AIDS o
le epatiti B e C per chi usa cocaina?
Si, chi fa uso di cocaina, ed in particolare quelli che si iniettano la
sostanza, sono esposti ad un crescente rischio di contrarre malattie infettive
come l’AIDS o le epatiti. L’uso ed abuso di droghe, compresi crack e cocaina, è
una dei principali fattori di rischio nei più recenti casi di sieropositività.
La diffusione del virus dell’AIDS a causa dell’uso di droghe deriva dallo scambio di siringhe ed altri oggetti infetti fra tossicodipendenti. Può anche trattarsi di trasmissione indiretta, ad esempio la trasmissione del virus da madre a figlio. Questo è particolarmente preoccupante dato che oltre il 60 per cento dei nuovi casi di AIDS riguardano donne. Ricerche hanno dimostrato che l’uso di droghe può interferire con la capacità di valutazione dei rischi e può portare a ridurre le precauzioni nei rapporti sessuali, a scambiare siringhe ed aghi o a prostituirsi in cambio di droga, sia per quanto riguarda gli uomini che le donne.
Inoltre, l’epatite C si sta rapidamente diffondendo tra coloro che si iniettano droghe; le stime attuali parlano di un tasso di infezione tra il 65 e il 90 per cento fra queste persone a rischio. Allo stato attuale, non esiste un vaccino per il virus dell’epatite C e l’unico trattamento esistente è molto costoso, spesso inefficace e può produrre rilevanti effetti collaterali.
BENZODIAZEPINA - BZ
Gli ansiolitici
La maggior parte dei tranquillanti minori, come pure di molti farmaci ipnotici, cioè induttori del sonno, contiene un principio base, la benzodiazepina. Per chi ama la chimica: è un composto insaturo eterociclico a sette atomi di carbonio. "Benzo" indica la presenza, nella molecola, del nucleo benzenico, "diaz" indica l'anello eptagonale con due atomi di azoto, ed il suffisso "epina" evidenzia la presenza di sette atomi di carbonio.
Da questa molecola base derivano diverse sostanze capaci di agire rapidamente sugli stati d'ansia e sul sonno. Citiamo le più comuni, riportando anche i nomi commerciali con i quali la molecola è stata inserita inizialmente sul mercato farmaceutico.
Clordiazepossido (Librium, Lixin, Serenvita), Oxazepam (Adumbran, Limbial, Serpax), Diazepam (Ansiolin, Valium, Noan, Vatran, Aliseum, Tranquirit), Nitrazepam (Mogadon, ipnotico), Bromazepam (Lexotan), Clordemetildiazepam (En), Ketazolam (Anseren), Flunitrazepam (Roipnol, ipnotico), Alprazolam (Xanax, Frontal), Lorazepam (Tavor, Control, Lorans), Flurazepam (Flunox, Dalmadorm, Flunox, Felison, ipnotici), Triazolam (Halcion, Songar, ipnotici), Lormetazepam (Minias, ipnotico), Temazepam (Euipnos, ipnotico).
La caratteristica fondamentale di tutti questi composti è appunto quella di ledere l'ansia, rilassare la muscolatura, facilitare il sonno.
Dal punto di vista tossicologico le benzodiazepine non presentano seri problemi. In generale sono ben tollerate e gli effetti collaterali negativi sono minimi. Importante è riuscire a stabilire un dosaggio terapeutico efficace, ma non eccessivo, soggetto per soggetto. Una dose media attiva, approssimativamente, va dai 5 mg. di una benzodiazepina a bassa potenza (es. diazepam, commercialmente Valium 5), ai 2,50 mg. di una a media potenza (es. lorazepam, commercialmente Tavor 2,50), ai 0,50 mg. di una ad alta potenza (es. alprazolam, commercialmente Xanax 0,50).
Le benzodiazepine devono essere considerate una delle più importanti scoperte farmacologiche del XX secolo. Il loro significato clinico è stato, ed è tuttora, importantissimo: rappresentano la risposta farmacologica più rapida in tutte quelle forme morbose in cui l'ansia o l'insonnia sono la costante di maggior rilevanza.
Un pregio delle benzodiazepine è l'alta maneggevolezza che consente di prescriverle al paziente ambulatoriale senza rischiare gli effetti indesiderati, soprattutto di tipo neurologico, che invece si possono presentare con altre sostanze sedative (neurolettici).
Come agiscono le benzodiazepine ?
La molecola base, sintetizzata nel 1957 da Leo Sternbach, chimico della casa farmaceutica Roche, fu prima sperimentata da Lowel Randall su cavie animali, poi su se stesso e, gradatamente, su gruppi umani sia in studi aperti che randomizzati. Gli effetti tranquillanti e miorilassanti balzarono immediatamente all'evidenza, ma per molto tempo il meccanismo d'azione della molecola restò ignoto.
Solo nel 1967 alcuni ricercatori dei laboratori Roche di Basilea riuscirono ad appurare che un'alta concentrazione di sostanza attiva si riscontrava nelle cellule nervose di quella parte del cervello detta sistema limbico. Già da molto tempo si conosceva l'importanza del sistema limbico nelle reazioni emotive, ma i meccanismi biochimici che consentivano alla benzodiazepina di fissarsi sulle cellule nervose, attenuando l'intensità delle manifestazioni emotive, restavano inesplorati.
Tra il 1967 e il 1970 all'Istituto di Fisiologia dell'Università di Heidelberg, si realizzò una scoperta di eccezionale importanza: il significato dell'acido gamma-aminobutirrico (GABA) per il funzionamento del neurone.
Dal corpo cellulare del neurone si diramano ramificazioni diverse (assone e dendriti) che pongono fra loro in connessione le varie cellule nervose attraverso una formazione vescicolare detta sinapsi. Grazie ad essa, tra un neurone e l'altro, esiste un continuo scambio di messaggi (informazioni) che si presentano sia come depolarizzazioni di potenziale elettrico, sia come reazioni di natura chimica. I composti organici endogeni che rendono possibile il sistema segnaletico tra neurone e neurone vengono detti neurotrasmettitori. Questi possono avere funzione stimolante o funzione inibente, cioè favorire o scoraggiare la trasmissione di un "impulso informativo". Il GABA, ad esempio, ha sempre azione inibente, mentre l'acido glutammico ha azione stimolante. I neurotrasmettitori inibenti diminuiscono le interazioni elettriche tra neurone e neurone, gli stimolanti le aumentano.
Alcuni esperimenti condotti ad Heidelberg dimostrarono che iniettando nelle cavie della picrotossina si poteva produrre sperimentalmente un comportamento eccitato ed episodi convulsivi, proprio perché la picrotossina occupava i recettori post-sinaptici (parti della membrana del neurone preposte a ricevere il neurotrasmettitore) del GABA, impedendone il funzionamento e, di conseguenza, le proprietà inibitorie.
Tra il 1973 ed il 1976 un gruppo di ricerca composto da Haefely, Polc, Schaffner e l'italiano Pieri, dei laboratori Hoffmann, riprese gli studi iniziati ad Heidelberg sul rapporto GABA-recettore ed iniettò in cavia una benzodiazepina ipotizzando che la sostanza rafforzasse la fissazione del GABA sul suo recettore post-sinaptico. Ma l'ipotesi ebbe conferma solo nel 1977, quando due gruppi di ricerca, il primo condotto da Braestruy a Copenaghen, il secondo da Möhler a Basilea, individuarono grosse molecole recettoriali, presenti in gran numero sulla membrana neuronale, soprattutto in prossimità dei siti di recezione GABA-ergica, che, incontrando una benzodiazepina, si fissavano ad essa impedendo al GABA stesso, per sovrapposizione, di allontanarsi dal proprio recettore nei normali tempi fisiologici. Al microscopio elettronico fu possibile visualizzare, marcando del diazepam con radioisotopi, l'incontro tra la benzodiazepina e la propria molecola recettoriale e l'effetto "cancello" che tale unione produceva sulla vescicola recettoriale contenente il GABA.A questo punto il quadro era completo: la benzodiazepina veniva captata da una sostanza proteica in prossimità del recettore del GABA, si espandeva oltre i bordi del recettore stesso e costringeva il GABA a restare fissato nel suo sito per un tempo relativamente lungo.
ALLUCINOGENI: ( PCP ) DALL'LSD ALLA KETAMINA
Gli allucinogeni sono droghe che causano allucinazioni – profonde distorsioni del modo di percepire la realtà da parte di una persona. Sotto l’influenza di allucinogeni, le persone vedono immagini, sentono suoni e percepiscono sensazioni che sembrano reali sebbene non esistano. Alcuni allucinogeni producono anche rapidi ed intensi cambiamenti d’umore. Gli allucinogeni producono i loro effetti rompendo l’interazione fra le cellule nervose ed il neurotrasmettitore serotonina. Distribuita attraverso il cervello ed il midollo spinale, il sistema della serotonina è coinvolto nel controllo del comportamento, della percezione e dei sistemi regolatori fra cui quelli riguardanti l’umore, la fame, la temperatura corporea, i comportamenti sessuali, il controllo muscolare e la percezione sensoriale.
LSD (abbreviazione per “lysergic acid diethylamide”) è la droga più comunemente identificata col termine “allucinogeno” è la più diffusa fra questo tipo di droghe. E’ considerata l’allucinogeno tipico e le caratteristiche della sua azione e gli effetti descritti in questa ricerca possono essere associati agli altri allucinogeni, fra cui la mescalina, la psilocibina e l’ibogaina.
Cosa sono
le droghe dissociative?
Droghe come il PCP (fenciclidina) e ketamina, che sono state inizialmente
sviluppate come anestetici generici nella chirurgia, distorcono la percezione
della vista e dei suoni e producono sensazioni di distacco – dissociazione – fra
l’ambiente e se stessi. Ma questi effetti di alterazione mentale non sono
allucinazioni. PCP e ketamina sono perciò più giustamente noti come “anestetici
dissociativi”. Il destrometorfano, una medicina contro la tosse molto diffusa,
se presa in dosi elevate può produrre effetti simili a quelli di PCP e ketamina.
Le droghe dissociative agiscono alterando la distribuzione del
neurotrasmettitore glutamato attraverso il cervello. Questo neurotrasmettittore
è coinvolto nella percezione del dolore, nella risposta all’ambiente esterno e
nella memoria. PCP è considerata la tipica droga dissociativa e la descrizione
dell’azione e degli effetti del PCP che viene fatta in questa ricerca può essere
in gran parte applicata alla ketamina ed al destrometorfano.
Perché la
gente assume allucinogeni?
Gli allucinogeni giocano un ruolo importante nella vita umana da migliaia di anni. Tutte le culture dai tropici all’Artide hanno usato le piante per creare degli stati di distacco dalla realtà e per percepire le “visioni”, che si pensava fornissero la comprensione mistica. Queste piante contengono residui chimici, come la messalina, la psilocibina e l’ibogaina, che sono strutturalmente simili alla serotonina e producono il loro effetto danneggiando il normale funzionamento del sistema della serotonina. Storicamente, le piante degli allucinogeni sono state ampiamente utilizzate per rituali sociali e religiosi, e la loro disponibilità è stata limitata dalle condizioni climatiche e dalle caratteristiche del terreno di cui hanno bisogno per crescere. Dopo lo sviluppo dell’LSD, un composto sintetico che può essere prodotto ovunque, l’abuso di allucinogeni si è diffuso maggiormente e dagli anni Sessanta è cresciuto in maniera drammatica.
Caratteristiche fisiche dell’LSD
l’LSD
è una sostanza solubile in acqua, chiara o bianca, senza odore, sintetizzata
dall’acido lisergico, un
composto
derivante da un fungo della segale. L’LSD è la più potente droga conosciuta
capace d alterare le percezioni e l’umore: dosi orali anche di soli 30
microgrammi possono produrre effetti che durano da 6 a 12 ore.
L’LSD è stato inizialmente prodotto in forma cristallina. Il cristallo puro può
essere ridotto in polvere e miscelato con agenti agglutinanti per produrre
barrette note come “microdots” o sottili quadrati di gelatina chiamati “window
panes” (vetri di finestra); più spesso è dissolto, diluito e applicato sulla
carta o altri materiali. La forma più diffusa di LSD è chiamata “blotter acid”
(acido da carta assorbente) – fogli di carta impregnata di LSD e suddivisi in
piccoli quadrati che costituiscono una dose individuale. Differenze nei modi di
produzione e la presenza di sostanze contaminanti possono produrre l’LSD in una
gamma di colori cangiante dal chiaro o bianco, nella sua forma più pura, sino al
marrone e perfino al nero. Anche l’LSD non contaminato inizia a degradare e
scolorirsi poco dopo essere stato prodotto, e perciò chi distribuisce la droga
spesso applica l’LSD su carta colorata, rendendo difficile per l’acquirente
valutare la purezza o la freschezza della droga.
Gli effetti
dell’LSD
Non è
ancora chiaro il preciso meccanismo attraverso cui l’LSD altera la percezione.
Test di laboratorio hanno suggerito che l’LSD, come le piante allucinogene,
agisce su certi gruppi di recettori di serotonina noti come i recettori 5-HT, e
che i suoi effetti interessano principalmente due regioni cerebrali: una è la
corteccia cerebrale, un area che riguarda l’umore, la cognizione e la
percezione, l’altra è il “locus ceruleus” che riceve segnali sensoriali da tutte
le aree del corpo e che è stata descritta come il “rivelatore di novità” del
cervello per quel che riguarda importanti stimoli esterni.
Gli effetti dell’LSD solitamente iniziano da 30 a 90 minuti dopo
l’ingestione e possono durare anche 12 ore. Gli utenti fanno riferimento all’LSD
e ad altre esperienze con allucinogeni col termine “trip” (viaggio) ed alle
gravi esperienze negative col termine “bad trip” (brutto viaggio). Sebbene la
maggior parte dei “viaggi” causati dall’LSD includa sia aspetti piacevoli che
aspetti non piacevoli, gli effetti della droga sono imprevedibili e possono
variare in relazione alla quantità ingerita ed alla personalità, alle
aspettative, al carattere del consumatore nonché all’ambiente in cui esso vive.
Chi fa uso di LSD può sperimentare degli effetti fisiologici, come incremento
della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca, capogiri, perdita di
appetito, bocca secca, fatica, nausea, intorpidimento e tremori; ma i principali
effetti della droga sono emozionali e sensoriali. Le emozioni del consumatore
possono passare rapidamente dalla paura all’euforia, con cambiamenti così
repentini da far apparire l’utente come se sperimentasse diverse emozioni
simultaneamente.
L’LSD ha anche effetti notevoli sui sensi. Colori, odori, suoni e altre
sensazioni sono molto amplificate. In alcuni casi, le percezioni sensoriali
possono mescolarsi in un fenomeno noto come sinestesia, in cui ad una persona
sembra di ascoltare o percepire colori e di vedere suoni.
Le allucinazioni distorcono o trasformano forme e movimenti, e possono creare
l’impressione che il tempo si muova molto lentamente o che il corpo del
consumatore di LSD stia cambiando forma. In qualche “trip” gli utilizzatori
sperimentano sensazioni che sono piacevoli e mentalmente stimolanti e che
producono un senso di suprema comprensione. I “bad trip” includono pensieri
terrificanti e opprimenti sensazioni di ansietà e disperazione che includono
paura della pazzia, della morte e della perdita di controllo.
I consumatori di LSD sviluppano rapidamente un alto livello di tolleranza agli
effetti della droga. Dopo un uso ripetuto, necessitano di dosi crescenti di
droga per ottenere effetti simili. Inoltre, l’uso di LSD produce tolleranza ad
altri allucinogeni, come psilocibina e mescalina, ma non a droghe come
marijuana, anfetamine e PCP, che non agiscono direttamente sui recettori di
serotonina interessati dall’LSD. La tolleranza per l’LSD è di breve durata e si
perde se l’utilizzatore smette di prendere la droga per diversi giorni. Non vi
sono prove che l’LSD produca sintomi fisici da crisi d’astinenza quando si
smette di fare un uso cronico di questa sostanza. Due effetti di lungo termine
sono stati associati all’uso di LSD: psicosi persistente edisturbo persistente
della percezione da allucinogeno, più comunemente noto come “flashback”.
Psicosi.
L’effetto dell’LSD può essere descritto come psicosi indotta dalla droga –
distorsione o disorganizzazione della capacità di una persona di riconoscere la
realtà, pensare razionalmente o comunicare con gli altri. Alcuni utilizzatori di
LSD hanno sperimentato devastanti effetti psicologici che persistono una volta
che il “trip” è terminato, producendo uno stato simil-psicotico di lunga durata.
La psicosi persistente indotta dall’LSD può includere drammatici cambiamenti
d’umore da mania a profonda depressione, vividi disturbi visivi e allucinazioni.
Questi effetti possono durare per anni e possono affliggere gente che non ha mai
manifestato disturbi di questo tipo o altri sintomi di disordini psicologici.
Disturbo
persistente della percezione da allucinogeno.
Alcuni degli utilizzatori di LSD di lunga data vivono esperienze generalmente
denominate “flashback” e chiamate HPPD (Hallucinogen Persisting Perception
Disorder – Disturbo persistente della percezione da allucinogeno) dai medici.
Queste manifestazioni sono ricorrenze spontanee, ripetute e talvolta continue di
alcune delle distorsioni sensoriali originariamente prodotte dall’LSD. Questo
tipo di esperienze possono includere allucinazioni, ma più spesso consistono in
disturbi visivi come nel vedere movimenti inesistenti ai margini del campo
visivo, flash luminosi o colorati, aloni e tracciati lasciati dagli oggetti in
movimento. Questa situazione solitamente è persistente ed in alcuni casi rimane
invariata per anni dopo che un individuo ha smesso di usare la droga.
Dato che i sintomi dell’HPPD possono essere confusi con i sintomi di altri disturbi neurologici come ictus o tumori cerebrali, chi soffre di questi disturbi può consultare diversi specialisti prima di ottenere una diagnosi esatta del proprio malanno. Non esiste una cura riconosciuta per l’HPPD, sebbene alcuni antidepressivi possono ridurre i sintomi. La psicoterapia può aiutare i pazienti per quello che riguarda la confusione associata con le distrazioni visive e a ridurre la paura, espressa da alcuni, di soffrire di danni cerebrali o di disordini psichici.
Droghe
dissociative :
Aspetto
ed effetti del PCP.
Il PCP
sviluppato negli anni 50 come un anestetico chirurgico endovenoso, è classificato come un anestetico dissociativo: i suoi effetti sedativi ed anestetici portano ad una specie di trance, ed i pazienti sperimentano la sensazione di essere “fuori dal loro corpo” e staccati dal loro ambiente. Il PCP è stato usato in medicina veterinaria ma non ne è mai stato approvato l’uso sugli esseri umani a causa dei problemi che ha presentato durante gli studi clinici, inclusi delirio ed estrema agitazione manifestati dal paziente che si risveglia dall’anestesia.
Negli anni ’60, il PCP in pillole ha raggiunto una notevole
diffusione, ma l’uso illecito di questa droga è andato rapidamente riducendosi
in quanto i consumatori erano insoddisfatti del lungo periodo necessario perché
la droga manifestasse i suoi effetti e dei comportamenti imprevedibili e spesso
violenti associati al suo uso. Il PCP in polvere – conosciuto come “ozone”,
“racket fuel”, “love boat”, “hog”, “embalming fluid” o “superweed” – è apparso
negli anni ’70. Sottoforma di polvere, la droga è spruzzata su marijuana,
tabacco o prezzemolo e dopo viene fumata, in questo modo gli effetti della droga
si manifestano velocemente. I consumatori a volte assumono la droga sniffandola,
se in polvere, o ingoiandola sottoforma di compresse. Il PCP ha l’aspetto di una
bianca polvere cristallina, ma solitamente è colorato con tinture solubili in
acqua o in alcol.
Quando è sniffato o fumato, il PCP viene trasportato rapidamente fino al
cervello per interrompere il funzionamento delle aree che costituiscono il
complesso dei recettori del NMDA (N-metilico-D-aspartato), che sono recettori
del neurotrasmettitore glutammato. Questi recettori giocano un ruolo importante
nella percezione del dolore, nella cognizione – compresi apprendimento e memoria
– e nelle emozioni. Nel cervello, il PCP altera anche l’azione della dopamina,
un neurotrasmettitore responsabile dell’euforia e del “flash” associato a molte
droghe da abuso.
Piccole dosi di PCP (5 mg o meno) producono come effetti fisici respiri poco
profondi e rapidi, aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca
ed elevate temperature corporee. Dosi di 10 mg o più causano pericolosi
cambiamenti nella pressione sanguigna, nella frequenza cardiaca e nella
respirazione, spesso accompagnati da nausea, visioni confuse, vertigini ed una
minore percezione del dolore. La contrazione muscolare può causare movimenti non
coordinati e posizioni innaturali. Nei casi gravi le contrazioni muscolari
possono provocare fratture ossee o danni al rene. Dosi molto elevate di PCP
possono originare convulsioni, come, ipertermia e morte.
Gli effetti del PCP sono imprevedibili. Di solito compaiono dopo pochi minuti
dall’ingestione e durano per diverse ore. Alcuni utenti dicono di aver sentito
gli effetti della droga per dei giorni. A volte l’assunzione della droga può
produrre sensazioni di distacco dalla realtà, compresa distorsione dello spazio,
del tempo e dell’immagine corporea; un’altra può produrre allucinazioni, panico
e paura. Alcuni consumatori hanno descritto sensazioni di invulnerabilità e di
potenza senza limiti. Chi usa PCP può diventare disorientato, violento o
suicida.
Un uso ripetuto del PCP può portare alla dipendenza, e recenti ricerche
suggeriscono che un uso ripetuto o prolungato del PCP può causare sindrome da
crisi d’astinenza quando si smette di far uso della droga. Sintomi come perdita
della memoria e depressione possono persistere anche per un anno dopo che il
consumatore ha smesso di usare il PCP.
ketamina.
La ketamina (“k”, “special K”, “cat Valium”) è un anestetico dissociativo
sviluppato nel 1963 per rimpiazzare il PCP ed è correntemente usato come
anestetico sugli esseri umani e in medicina veterinaria. La maggior parte della
ketamina venduta sul mercato illecito proviene dagli uffici dei veterinari.
Benché sia prodotta sottoforma liquida per essere iniettata, nel suo uso
illecito la ketamina viene fatta evaporare per formare una polvere che può
essere sniffata oppure compressa per formare delle pillole.
La struttura chimica della ketamina, i suoi meccanismi d’azione ed i suoi
effetti sono simili a quelli del PCP, ma la ketamina è molto meno potente del
PCP e produce effetti di durata molto inferiore. I consumatori descrivono
sensazioni che vanno da una piacevole impressione di volare alla sensazione di
essere staccati dal proprio corpo. Alcune volte l’uso di ketamina produce
terribili sensazioni di un quasi completo distaccamento sensoriale che è
paragonabile ad un’esperienza prossima alla morte. Queste esperienze, simili ai
“bad trip” dell’LSD, sono chiamate “K-hole”.
La ketamina non ha odore e sapore, così può essere aggiunto alle bevande senza
essere rilevato, e produce amnesia. A causa di queste proprietà, questa droga è
talvolta somministrata a vittime ignare e usata talvolta per commettere crimini
sessuali e stupri.
Destrometorfano
Il
destrometorfano (talvolta chiamato “DXM” o “robo”) è un ingrediente usato in
diversi farmaci utilizzati per curare la tosse. Come il PCP e la ketamina, il
destrometorfano agisce come antagonista del recettore del NMDA. La fonte
più diffusa del destrometorfano è lo sciroppo per la tosse extra-forte, che di
solito contiene 3 milligrammi di droga per millilitro di sciroppo. Se si
rispettano le dosi consigliate per curare la tosse (da 1/6 ad 1/3 di oncia del
medicinale, contenente dai 15 ai 30 mg di destrometorfano) la droga è sicura ed
è efficace nel trattamento della tosse. Dosi più elevate (4 once o più) possono
produrre effetti dissociativi simili a quelli della ketamina e del PCP.
Gli effetti variano in relazione alla dose e i consumatori del destrometorfano
descrivono una varietà di situazioni che vanno da un lieve effetto stimolante
con percezioni visive distorte per piccole dosi (circa 2 once) ad un senso di
completa dissociazione dal proprio corpo per dosi di 10 once o più. L’effetto
solitamente dura circa 6 ore. I farmaci che possono essere acquistati senza
prescrizione, contenenti destrometorfano spesso contengono anche antistaminici
ed agenti decongestionanti, e dosi elevate di queste sostanze possono accrescere
seriamente il rischio di abuso di destrometorfano.
SPEED (STIMOLANTI SINTETICI)
Nel gergo anglo - americano vengono chiamati SPEED (= velocità). Gli stimolanti vengono spesso classificati come ANFETAMINE, un nome che definisce la formula chimica di una categoria di sostanze. In realtà, alcuni stimolanti sono anfetamine (fra tutte, molto nota nel passato era la BENZEDRINA) ma altri hanno formule chimiche diverse; inoltre molte anfetamine hanno effetti diversi da quelli stimolanti (ecstasy). Alcuni stimolanti sintetici sono prodotti legalmente e usati in medicina come dimagranti in quanto fanno perdere l’appetito (noti anche come ANORESSIZZANTI). Vengono venduti come pillole ma possono essere usati anche per via intranasale, fumati o iniettati endovena. Farmaci stimolanti sono stati somministrati alle truppe durante la Seconda guerra mondiale in Germania, USA; Gran Bretagna e Giappone. In Italia gli stimolanti sintetici venivano usate senza ricetta dagli studenti negli anni quaranta, cinquanta e sessanta, esclusivamente per motivi “scolastici”: per rimanere svegli la notte a preparare gli esami, era inoltre un fenomeno strettamente individuale. Negli anni sessanta si è diffusa fra i giovani la “moda” delle anfetamine, come abitudine collettiva, con una motivazione del tutto diversa : quella di ballare, di fare sesso, di “sballare”. Evidentemente nell’uno e nell’altro caso gli effetti ed i comportamenti dei consumatori erano del tutto diversi. Gli effetti provocati dagli stimolanti sintetici sono: stimolazione cerebrale, sensazione di energia e di lucidità, prolungamento dello stato di veglia ed eliminazione della stanchezza, accelerazione del polso, sudorazione, bocca asciutta, pupilla dilatata, inappetenza. Possono provocare inoltre: aumento della pressione, collasso, tremori, ansia, insonnia, disturbi circolatori e cardiaci, perdita di peso e dell’appetito, disturbi mentali .Per uso endovenoso rischio di morte. L’uso continuo di stimolanti può dare dipendenza. La sindrome di astinenza si manifesta con: depressione, stanchezza, crampi, sonnolenza e si intreccia coi sintomi di intossicazione cronica. Forte è anche la dipendenza psichica. L’abuso di stimolanti può indurre, per compensazione, a usare droghe depressive (alcol, tranquillanti, sonniferi).
METADONE
Il metadone è un oppiaceo sintetico, una droga quindi come la morfina e
l’eroina. Come queste, il metadone porta la persona a una dipendenza pesante e a
seri danni fisici, a un aumento di depressione nella personalità del dipendente
e a un “freno psichico” nello sviluppo delle capacità di lavoro e di esperienza.
Un consumo prolungato provoca danni al fegato, ai reni e così via. Un’overdose o
una combinazione con altre droghe, provoca la morte. Inventato per curare gli
eroinomani, è in realtà molto peggio e di nessuna utilità curativa.
MORFINA
Principio attivo degli OPPIACEI. La morfina estratta dalla pianta viene prodotta
legalmente come farmaco analgesico. Ha proprietà simili a quelle dell’eroina,
anche riguardo a dipendenza, tolleranza e tossicità.
ICE
Letteralmente
significa “ghiaccio” dall’aspetto dei cristalli che si fumano come il crack, ma
è più tossico di quest’ultimo. E’ un particolare tipo di anfetamina scoperta nel
1893 in Giappone (dove si chiama “SHABU”, nome diffuso anche in Italia). In
America è arrivato negli anni ottanta e lo considerano già la droga del futuro.
Può anche essere masticato. E’ un fortissimo stimolante del sistema nervoso che
fa sentire eccitati, euforici, quasi invulnerabili, e i suoi effetti durano
dalle 8 alle 24 ore. Scatena aggressività, allucinazioni, depressione e porta a
disturbi renali. E’ facile diventarne dipendenti.